Il campo di concentramento di Gusen, in Austria, è un luogo che parla con il suo silenzio assordante e con quell’incredibile vicinanza tra nuove costruzioni e il memoriale con il crematorio. Ogni volta che visito questo luogo mi faccio la stessa domanda: “Perché? perché si è costruito qui, quasi a cancellare quello che è stato?”
Un luogo dove si respira ancora il peso immenso del dolore che nessuno potrà mai cancellare perché è indelebile nella storia e deve esserlo anche nelle coscienze.
Il campo di concentramento di Gusen era composto da tre dei quarantanove sottocampi del campo principale di Mauthausen e fu uno dei luoghi più letali del sistema concentrazionario nazista.
Il campo di Gusen I, quello che abbiamo visitato, non presenta più la recinzione, sono state eliminate baracche e le strutture concentrazionare. Negli anni ‘50 se ne è decisa la lottizzazione ed è sorta una fitta serie di costruzioni abitative. Qui, dove si compirono orrori indicibili, la vita oggi sembra scorrere come nulla fosse.
Ma non è così, la Memoria non può sparire. Rimane riconoscibile, per quanto riconvertito in abitazione, l’edificio dell’ingresso e del comando del campo e grazie all’associazione internazionale dei supersiti oggi sorge qui una struttura commemorativa, opera dell’architetto Lodovico Barbiano di Belgiojoso, che fu egli stesso prigioniero a Gusen. Belgiojoso è lo stesso che, i suoi compagni di studio, lo studio BBPR (Banfi, Belgiojoso, Peressutti e Rogers) ha progettato anche il Museo Monumento al Deportato di Carpi che ho visitato poche settimane fa e il Memoriale delle Deportazioni che prima si trovava ad Auschwitz e che dopo lo sfratto, con orgoglio, ospitiamo a Firenze.
All’interno del memoriale di Gusen, che allude nella forma, nei colori e nella materia, all’universo chiuso e al labirinto di morte costituiti dal Lager, è stato collocato il forno crematorio.
Tra le lapidi, anche quella che ricorda i triangoli rosa, ovvero le persone perseguitate e deportate per il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere, la comunità LGBTQIA +, a cui abbiamo voluto rendere omaggio.
Alla fine di questa seconda giornata così intensa ho pensato ai nomi e ai volti di chi in questi luoghi ha perso tutto: la libertà, la dignità, la vita. E ho sentito ancora più forte il dovere morale e civile di continuare a testimoniare. La memoria non è solo un esercizio del ricordo, è un atto di responsabilità verso il presente e il futuro. Come Regione Toscana, continueremo a impegnarci affinché le giovani generazioni conoscano questa storia e diventino portatrici attive di quei valori di libertà, democrazia e rispetto che sono le fondamenta della nostra Repubblica.
Voglio ringraziare chi ogni giorno mantiene viva la memoria di Gusen e di tutti i luoghi dell’orrore nazifascista: la loro opera è fondamentale per costruire un futuro che sia davvero antifascista e giusto.
Affinché la storia non venga cancellata. E la storia passa anche dai luoghi che possono e devono continuare a raccontarla.