Il Partito Comunista Italiano ha avuto un ruolo fondamentale nella costruzione dell’italia democratica post-Liberazione e nella storia della nostra regione, a cui ha offerto gruppi dirigenti di prim’ordine.
La storia del PCI è una storia di alta interpretazione del ruolo che la Costituzione attribuisce ai partiti, con una tensione inesauribile a rappresentare i bisogni di emancipazione delle lavoratrici e dei lavoratori, delle donne, dei giovani, dei ceti popolari. Quelle battaglie, pur in un mondo profondamente cambiato, mantengono tutta la loro attualità, dal livello dei salari alla lotta alle disuguaglianze sociali e di genere, così come è attualissima la spinta europeista e internazionalista del PCI in questo mondo che rischia di ripiegarsi nei nazionalismi.
La formazione politica, il rigore e la credibilità delle e dei suoi esponenti, inoltre, restano un faro in un tempo come questo, di sempre maggiore allontanamento delle cittadine e dei cittadini dalla politica, e portavano a un’adesione perfino sentimentale a un progetto collettivo. Non a caso Gaber scrisse “Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona”. Quel percorso di formazione e selezione funzionava da ascensore sociale molto più di quanto accada oggi, basti confrontare l’estrazione familiare e socio-economica dei gruppi parlamentari di allora e di adesso.
Per queste e molte altre ragioni studiare e ripercorrere oggi la storia del PCI è un esercizio di grande importanza e utilità. Ecco perché sono particolarmente lieta di essere intervenuta questa mattina a Firenze al bel convegno sulla storia del PCI in Toscana, organizzato da tutti gli Istituti Storici della Resistenza e dell’Età Contemporanea dei vari territori della Toscana, a cui nel pomeriggio sono intervenuti anche, tra gli altri, il Presidente dell’Associazione Berlinguer Ugo Sposetti, il Presidente dell’Istituto Storico Toscano della Resistenza Vannino Chiti, l’ex Deputato Paolo Fontanelli e Lorenzo Valgimogli della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana.