Alessandra Barluzzi era alta, mora, con gli occhi scuri e lavorava in uno studio di commercialisti a Incisa Valdarno. Aveva 33 anni, dunque il mio nome e la mia età, quando il 15 giugno del 2001 fu brutalmente pugnalata dall’ex fidanzato perché, per sua stessa ammissione, non voleva tornare con lui. È una storia che mette i brividi, una delle troppe, ed è alla memoria di Alessandra che è stata intitolata la panchina rossa inaugurata oggi a Incisa, alla presenza del fratello. Questa panchina non deve essere semplicemente commemorativa: è un monito quotidiano a ricordarsi che la battaglia contro la violenza di genere, contro il sessismo, contro gli stereotipi e la cultura del possesso non è affatto compiuta. Successivamente sono stata a Figline, per partecipare all’inaugurazione di un’altra installazione molto potente, che ai miei occhi ben rappresenta la ferita, lo squarcio che la violenza contro le donne causa non solo nella vita delle vittime, ma nella dignità della nostra intera società, lacerata profondamente nella propria dignità e civiltà fino a quando anche una sola donna sarà picchiata, violentata, uccisa o bersaglio di violenza psicologica. Voglio ringraziare profondamente l’Amministrazione di Figline e Incisa Valdarno, in particolare la sindaca Giulia Mugnai, per la sensibilità che ha mostrato nell’installare queste due opere e ringrazio anche di cuore le 25 associazioni del territorio che hanno promosso queste due iniziative importanti. Una comunità che unita ha saputo lanciare un messaggio fortissimo, perché 20 anni dopo nessuna e nessuno ha dimenticato Alessandra: MAI PIÙ VIOLENZA CONTRO LE DONNE.